Recentemente si è rivolto al nostro studio un signore
che desiderava adottare la figlia maggiorenne (di anni 30)
della moglie dal momento che, nel corso di quasi quindici anni, si era sempre
occupato amorevolmente di lei costruendo un rapporto affettivo che è divenuto
sempre più significativo per entrambi, non mancando di prestarle supporto,
anche emotivo, psicologico ed economico nella sua crescita personale,
incoraggiando il suo percorso formativo e professionale fino al punto di coinvolgerla
nella sua azienda attribuendole un gratificante ruolo lavorativo. Per
realizzare l’adozione di persona maggiorenne, che fa conseguire anche
diritti successori in favore dell’adottato, occorre che l’adottante abbia
almeno i trentacinque anni di età e superi di diciotto anni l’età
dell’adottando, il consenso di adottante e adottando e dei figli maggiorenni dell’adottante,
ma anche l’assenso dei genitori dell’adottando e del coniuge dell’adottante.
Nel nostro caso non vi era l’assenso del padre biologico dell’adottanda in
quanto, nonostante questi ammettesse di essere rimasto materialmente e
spiritualmente assente nella vita della figlia, per di più negli anni cruciali
per la crescita psicofisica, si opponeva all’adozione per paura di essere
sostituito e dimenticato dalla figlia, ma, al netto del suo dolore, riconosceva
l’amore, l’attaccamento e le premure prestate dall’adottante nei confronti
della figlia. Il padre biologico, anche a discapito degli interessi non solo
patrimoniali della figlia, non riusciva a comprendere che potevano coesistere
due legami “paterni” paralleli senza che nulla gli venisse tolto o
negato. La sua opposizione, in realtà, è stata vissuta dalla figlia come un
atto egoistico e di mancanza di comprensione del suo desiderio di confermare
anche formalmente un affetto che è stato ed è per lei così importante nella sua
crescita identitaria. Così ci ha richiesto di poter anche eliminare
anagraficamente il cognome del padre, una volta ottenuta l’adozione.
Giuridicamente l’opposizione del padre naturale non ha un peso determinante
perché il tribunale può pronunciare ugualmente l’adozione, come è avvenuto nel
caso di cui ci siamo occupati, quando ritenga ingiustificato il rifiuto o
addirittura contrario all’interesse dell’adottante.